Imprese e innovazione

Qual è il rapporto tra le aziende italiane e l’innovazione? In base ad alcune
rilevazioni Istat, si stima che tra il 2014 e il 2016 il 48,7% delle imprese
industriali e di servizi con 10 o più addetti abbia introdotto innovazioni di
processo o di prodotto. Si tratta di un aumento del 4% circa rispetto al biennio
precedente (44,6%).

La tendenza a innovare riguarda soprattutto le piccole e medie imprese, la cui
crescita è effetto dell’aumento degli investimenti in innovazioni di prodotto e
processo (il 73,3% delle imprese ha lavorato in questo senso).

Imprese con attività innovative di prodotto, processo, organizzative o di marketing per settore economico e dimensione aziendale.

Un grande cambiamento riguarda le tipologie di innovazioni introdotte. Oltre
la metà delle imprese si focalizza infatti su percorsi di innovazione complessi
(più tipologie di innovazione, comportamento in crescita dell’8,2%). Queste
soluzioni d’innovazione vengono adottate più di frequente da aziende
operanti nell’industria elettronica, nel settore delle telecomunicazioni e in
quello delle assicurazioni.
A dimostrazione di una crescente tendenza a innovare ci sono anche i
risultati che spiegano in che modo venga suddivisa, da parte delle aziende, la
spesa sostenuta per le attività innovative. Questa si concentra principalmente
sulla sezione Ricerca & Sviluppo, che rappresenta la voce principale degli
investimenti per l’innovazione, e la metà della spesa complessiva (51%). Il
resto della spesa per attività innovative viene invece suddiviso tra:
investimenti in macchinari e altre tecnologie materiali, senza componenti di

R&S (27,3%); investimenti immateriali, come il marketing per il lancio di nuovi prodotti e la formazione del personale atto a innovare (11,5%); il design
(5,5%); l’acquisto di brevetti, licenze, know-how e servizi di consulenza
(4,7%). Nel complesso, la spesa per l’innovazione media per addetto si è
aggirata attorno ai 7.800 euro nel 2016; una crescita sensibile se paragonata
a quella del 2014 (6.200 euro), e che ha toccato in modo significativo
soprattutto le piccole e le grandi imprese.
Una maggior propensione all’innovazione si traduce per le imprese in un
aumento della quota di fatturato da attribuire alla vendita di prodotti nuovi –
per il mercato o semplicemente per l’impresa –, che nel 2016 è stata del
17,7% (di cui il 9,8% con riferimento ai prodotti introdotti per la prima volta sul
mercato di riferimento). A livello settoriale, è stato calcolato che l’impatto
economico di prodotti nuovi è maggiore per quei settori che risultino
maggiormente propensi a innovare, come ad esempio quello delle
telecomunicazioni (63,7%), della ricerca scientifica (39%), dell’informatica
(35%) e dell’industria – principalmente il settore elettronico – (30%), tesi
comprovata dall’aumento del 4% fatto registrare nel 2014-2016 rispetto al
periodo precedente.

L’innovazione, oltre a produrre un impatto economico rilevante
sull’attività dell’azienda, influisce positivamente sulla sua
internazionalizzazione grazie allo sviluppo di vantaggi competitivi.
In questo senso, un grafico di Prometeia realizzato grazie ai dati di
un’indagine della Banca d’Italia (Indagine sulle imprese industriali e dei
servizi), mostra perfettamente il triangolo della crescita, che combina un
dato livello di innovazione a un dato livello di internazionalizzazione. Se
abbiamo già sottolineato come sia suddivisa la spesa per l’innovazione,
per l’internazionalizzazione è necessario tenere conto, oltre che del
tradizionale fatturato da esportazione, anche del volume dei beni
intermedi importati, degli investimenti fissi lordi all’estero e del fatturato
delle imprese estere possedute o controllate.

La combinazione di questi due indicatori - rappresentati nel grafico con dati da 1 a 4 - permette di sottolineare come all’aumentare delle due voci si accompagni una crescente produttività. Quest’ultima è stata rappresentata dal rapporto tra salario medio percepito dagli addetti e salario minimo da contratto nazionale. Infatti, se come teoria vuole i salari seguono l’andamento della produttività aziendale, risulta quindi evidente la correlazione tra quest’ultima e i processi di innovazione e internazionalizzazione.

I percorsi di innovazione e internazionalizzazione necessitano anche di forza
lavoro giovane e qualificata e generano altre esternalità che in sostanza si

legano positivamente con le performance dell’azienda e del territorio di cui la
stessa è parte integrante.
L’analisi dei dati qui riportati suggerisce dunque che le imprese italiane
generalmente propendono all’innovazione e gli studi confermano che tra i
requisiti delle imprese votate a sostenere la loro competitività internazionale,
l’introduzione di innovazioni di processo o di prodotto può fornire tangibili
vantaggi.