Export Made in Italy a livelli record, ma esportiamo in Asia meno che in Belgio e Svizzera

Il 2017 è stato un anno record per il commercio estero italiano, con esportazioni in crescita del 7,4% per 448 miliardi di euro.

Francia e Germania, secondo i dati del Rapporto Ice, l’Istituto per il commercio con l’estero, relativi allo scorso anno, si sono confermati i principali mercati per le esportazioni italiane (con quote rispettivamente al 12,5% e al 10,3%) mentre quello più dinamico, in termini di crescita, è stato il mercato cinese, dove le esportazioni made in Italy sono cresciute del 22% rispetto al 2016.

Ciononostante la Cina rappresenta soltanto l’ottavo Paese per destinazione di merci e servizi italiani, con 13,5 miliardi di euro di valore. Dietro, per esempio, a Belgio e Svizzera. Segno che le opportunità offerte dal mercato cinese non sono ancora state pienamente sfruttate dalle aziende italiane.

Benché il tasso di crescita non raggiunga più la doppia cifra come nello scorso decennio, la Cina ha il secondo PIL al mondo e cresce annualmente in modo robusto.

L'imponente urbanizzazione e la crescita del potere di acquisto della classe media sono alla base della costante crescita dei consumi interni. Non solo nelle cosiddette città di prima fascia (Pechino, Shanghai e Canton) ma anche in quelle di seconda e terza fascia (20 metropoli, ciascuna con 7-10 milioni di abitanti), oltre a numerose altre aree urbane da 3-5 milioni di abitanti.

L'aumento dei redditi, la crescente urbanizzazione e la nascita di nuove tendenze nella cultura e nella moda ispirate al modello occidentale stanno determinando nel mercato cinese nuovi modelli di consumo, che possono rappresentare un’importante opportunità per il made in Italy.

I numeri sembrano testimoniarlo. Secondo le rilevazioni di Coldiretti, ad esempio, le esportazioni di prodotti agroalimentari Made in Italy in Cina sono praticamente quadruplicate (+376%) in valore negli ultimi dieci anni con la progressiva apertura del gigante asiatico a stili di vita occidentali.

Solo nel 2017 l’export italiano di prodotti agroalimentari verso Pechino è cresciuto del 18% superando quota 460 milioni di euro di valore. Il vino con 120 milioni di euro ha registrato un balzo del 21% delle vendite nel Paese asiatico, l’olio d’oliva con oltre 40 milioni di euro ha fatto segnare una crescita del 41%, l’export di formaggi italiani è aumentato del 34% (seppur con un valore ancora limitato di 17 milioni di euro anche a causa dei super dazi ridotti poi nell’ultimo trimestre dello scorso anno) e infine l’export di pasta italiana è cresciuto del 20% toccando i 23 milioni di euro.

Ma una crescita importante in Cina l’ha fatta segnare anche il settore tessile e della moda italiano. Secondo i dati di Confindustria Moda, nel 2017 le esportazioni italiane verso il gigante asiatico sono cresciute dell’11,9%, raggiungendo quota 2,74 miliardi di euro (compresa Hong Kong) e superando così il valore dell’export verso gli USA (-1,7% a 1,98 miliardi di euro lo scorso anno). Il comparto dell’economia italiana che esporta maggiormente verso la Cina è però quello della meccanica strumentale, che rappresenta il 30% dell’export di prodotti italiani verso Pechino.

Se nel 2016 il valore delle esportazioni di prodotti meccanici verso la Cina era pari a 3,5 miliardi di euro, il 2017 si è chiuso con un valore delle esportazioni 4 miliardi di euro, con una crescita del 14,2%.

Un trend che sembra destinato a proseguire negli anni a venire. Secondo le stime della Sace il 2018 dovrebbe chiudersi con una crescita dell’export di prodotti meccanici verso la Cina del 12,5% a quota 4,5 miliardi di euro per arrivare nel 2021 fino a 5,5 miliardi di euro.

Di strada da fare sembra dunque essercene ancora tanta, considerato che il peso dell’Italia sulle importazioni cinesi è attualmente pari all’1,1% contro l’1,4% della Francia ma soprattutto contro il 5,4% della Germania.